Da Fëdor Dostoevskij
Libero adattamento di Davide Carnevali
Regia di Claudio Autelli
In alcuni periodi, nel corso della vita, capita di rendersi conto che l’immagine che ci siamo scelti, o, meglio, che desideriamo per noi stessi, ci guardi dall’alto e ci costringa, come imputati, alla sbarra di un processo che decidiamo di autoinfliggerci.
Ormai da anni il tema della catastrofe ecologica è all’ordine del giorno nel dibattito mediatico internazionale: la quantità di gas tossici nell’atmosfera e il conseguente surriscaldamento globale hanno spinto molti scienziati a parlare del raggiungimento di un fatidico “punto di non ritorno”: un momento oltre il quale il disastro ambientale in atto non sarà più reversibile.
Un europeo, un turista, in una città senza nome del Nord Africa incontra una giovane donna una sera al tramonto davanti al mare. Questa fotografia o meglio questo disegno, tratteggiato in fretta, è il principio della storia. Dieci frammenti, dieci istantanee che, nella loro sospensione, ricordano certe visioni del pittore Edward Hopper.
Tratto dal romanzo “L’inquilino del terzo piano”di Roland Topor
Per guadagnare da vivere io non dispongo che dei prodotti derivati dalla mia paura… La realtà in sé è orribile, mi dà l’asma. La realtà è insopportabile senza gioco, il gioco consente una immagine della realtà. Io non posso perdere il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno di questo gioco astratto che mi permette di trovare quello che può essere ancora umano.
Alcuni ricordi sono stampati per sempre nella nostra memoria.
Altri rimangono sepolti per anni in posti impensabili del cervello per poi riaffiorare all’improvviso, per chissà quale associazione, cristallini come non ce ne fossimo mai liberati. Altre volte ancora, invece, rimane soltanto una sensazione, un colore, un gusto o un’immagine sgranata.